Stop al progetto della regione Principato di Salerno. La Consulta ha dichiarato «non fondata» la questione di legittimitá costituzionale relativa alla procedura per l’indizione del referendum necessario per la nascita di una nuova Regione. La Corte costituzionale ha ritenuto che non fossero sufficienti le deliberazioni degli organismi consiliari dei Comuni che rappresentano un terzo della popolazione che entrerebbe a far parte del nuovo ente, ma che occorresse anche il pronunciamento delle amministrazioni “controinteressate”, e cioè una parte delle altre Province e Comuni campani, cioè delle altre province ad iniziare da quella napoletana. Ora l’amministrazione potrebbe anche decidere di appellarsi alla Corte di giustizia dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Una ipotesi avanzata dal sindaco di Cava de’ Tirreni, Marco Galdi che difese le ragioni del Principato davanti alla Consulta. «Impossibile rimettere in moto il procedimento – ha spiegato al quotidiano La Città – chiedendo di far affrontare la questione ai consigli comunali e provinciali delle altre zone della regione o, ancora peggio, di chiamare le popolazione di quei territori al referendum. Le altre province non hanno interesse a staccarsi e, alla stessa stregua, i loro cittadini non vedrebbero l’utilitá di andare a votare per l’autonomia della provincia di Salerno. Per questo stiamo valutando, più che altro, l’ipotesi di ricorrere alla Corte di Giustizia dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo e di appellarci all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite che sancisce il diritto di autodeterminazione dei popoli». Una ipotesi confermata anche da Cirielli con una nota inviata nel pomeriggio di oggi.
«La sentenza della Corte Costituzionale, di fatto, abroga l’articolo 132 della Costituzione italiana». Così il presidente della provincia di Salerno, Cirielli, commenta la sentenza della Consulta che ha dichiarato non fondata la questione della legittimità costituzionale relativa alla procedura per l’indizione del referendum per la nascita della Regione del Principato di Salerno.
«Tale articolo della Costituzione – continua – sancisce la possibilità per i territori superiori ad un milione di abitanti, che ne facciano richiesta, di staccarsi da una Regione per costituirne una nuova. Abbiamo seguito l’iter richiesto, raccogliendo le delibere dei consigli comunali rappresentativi di un terzo della nostro territorio. Chiedere di affrontare la questione anche alle altre province della Campania, o ancora peggio di chiamare le popolazioni di quei territori ad esprimersi per il referendum è profondamente ingiusto perché lede il nostro diritto all’autogoverno, e poiché la Provincia di Salerno pesa solo un quinto dell’intera popolazione campana non potremo mai ottenere la richiesta di un terzo. Se anche fosse possibile, come potremmo pensare che il resto della Campania si recherebbe alle urne? Si renderebbe, di fatto, impossibile il raggiungimento del quorum. Per questi motivi è una sentenza paradossale che sottopone la volontà dei salernitani a quella del resto della Campania, tradendo la lettera e lo spirito della Costituzione. La nostra istanza è di sovranità, non di natura amministrativa. Chiediamo di promulgare leggi per il nostro territorio e di gestire le risorse economiche provenienti dalle tasse per la crescita e lo sviluppo della nostra comunità territoriale. Ricorreremo alla Corte di Giustizia dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo e faremo appello all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite che sancisce il diritto all’autodeterminazione».
Nessun problema di incompatibilità, invece, per Cirielli nel doppio ruolo di presidente della Provincia e parlamentare. Sempre la Consulta, ma con la sentenza 227, immediatamente precedente a quella della nuova regione, ha anche dichiarato incostituzionale la norma che prevede che la carica di parlamentare non sia incompatibile con quella di sindaco di un Comune con popolazione superiore a 20mila abitanti. Decisione, quella dei giudici costituzionali, che ha l’effetto di rendere, di fatto, impossibile il doppio incarico: non si potrá più ricoprire il ruolo di deputato o senatore e, contemporaneamente, quello di amministrare di un ente di dimensioni medio-grandi. La Corte Costituzionale ha decretato l’illegittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 15 febbraio 1953, n. 60 (Incompatibilità Parlamentari) nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di Comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti. L’incompatibilità, però, non interessa le province che non vengono esplicitamente citate dal provvedimento.