Ancora un fine settimana di passione per i lavoratori del pastificio Antonio Amato di Salerno che, invece, a marzo pensavano di aver finalmente voltato pagina con l’aggiudica del fitto ad Antonio Passarelli. La decisione dell’imprenditore partenopeo di rinunciare, dopo il rifiuto del Giudice Delegato di rinviare di 60/90 giorni la firma del contratto, per problemi legati alla manutenzione dei macchinari, li ha fatti nuovamente piombare nella disperazione e nell’incertezza per il loro futuro. Martedì prossimo si riuniranno nel centro sociale di Salerno per decidere il da farsi, intanto già lunedì la curatela potrebbe approntare un nuovo bando. Da verificare, a questo punto, le mosse degli imprenditori che avevano concorso, con Passarelli, per il fitto o l’acquisto dello stabilimento e del marchio Amato.
Quanto accaduto in settimana, comunque, è solo l’ultimo di una lunga sequenza di colpi di scena che stanno segnando la storia del fallimento e del tentativo di salvataggio dello storico pastificio Antonio Amato di Salerno.
Una vicenda iniziata anche prima della sentenza del Tribunale, nel dicembre del 2010 quando, dopo il blocco della produzione e la successiva cassa integrazione, l’azienda, all’epoca ancora nelle mani della famiglia Amato aveva siglato un accordo per la cessione del pastificio a Giovanni Giudice. Una trattativa mai giunta, però, a conclusione, anche se la produzione venne comunque assicurata proprio dall’imprenditore siciliano. Il proprietario della Siriac, vecchio fornitore dell’Antonio Amato, infatti, fittò lo stabilimento, gestendolo tramite la Mps, Molini e Pastifici di Salerno. Un periodo durante il quale la Curatela tentò di vendere l’azienda senza, però, riuscirci. Alla prima gara, infatti, nonostante l’interesse mostrato da dieci aziende, non ci fu nessuna offerta concreta. Al secondo tentativo del 19 dicembre del 2011, in ogni caso, prevalse nuovamente Giudice che, in assenza di proposte valide per rilevare lo stabilimento ed il marchio, riuscì ad ottenere un nuovo fitto. Anche questo accordo, però saltò di lì a poco, a causa di un ricorso della Procura della Repubblica di Salerno che aveva paventato responsabilità dell’imprenditore siciliano nel crac Antonio Amato, rimettendo tutto in discussione. Una gara di fatto azzerata, di comune accordo tra Curatela, Giudice Delegato e il titolare della Siriac.
La nuova scadenza venne, quindi, fissata al 5 marzo, con un prezzo a base d’asta leggermente ritoccato verso il basso con 32 milioni di euro richiesti per l’acquisto dello stabilimento e del marchio Antonio Amato. Anche in questo caso il bando puntò su cessione e fitto, per garantire la ripresa produttiva dell’azienda. 30.000 euro l’importo richiesto, la stessa cifra che era stata offerta lo scorso 19 dicembre da Giovanni Giudice che, tramite l’Mps, la Molini e Pastifici di Salerno aveva garantito la produzione fino al 17 novembre. In quell’occasione la migliore offerta fu quella di Antonio Passarelli che, per rilevare in fitto, lo stabilimento ed il marchio, propose 707 mila euro l’anno. Gli altri pretendenti che parteciparono alla gara furono la Di Martino, 606 mila euro l’anno, e la De Matteis già titolare del marchio Baronia, con 635 mila euro. Alla fase di rilancio, poi, prevalse Ar Industrie Alimentari dell’imprenditore Antonino Russo con 800 mila euro l’anno per il fitto e l’immediata riassunzione di 45 dipendenti. Il 19 marzo, infine, e questa è storia recente, Passarelli migliorò ulteriormente la sua prima proposta, arrivando ad offrire, per il fitto annuale, 928.000