Beni per 5 milioni di euro – quote societarie e beni strumentali di due società per la produzione di calcestruzzo e una del settore florovivaistico – sono state sequestrate dalla Dia di Napoli a Giovanni Fabbrocino, figlio del capoclan Mario Fabbrocino, detenuto in regime di 41 bis, condannato per l’omicidio del figlio dell’ex boss della NCO Raffaele Cutolo. Il sequestro, finalizzato alla confisca, è stato emesso dal Tribunale di Napoli su richiesta della DDA.
Le società a cui la Direzione Investigativa Antimafia ha messo i sigilli – ponendo di fatto fine al monopolio del clan Fabbrocino nella vendita del calcestruzzo nella zona dell’agro vesuviano – sono la Gifra srl di Saviano (Napoli), la Raf srl di Scafati (Salerno) e la G.F. srl di San Giuseppe Vesuviano (Napoli). Lo scorso marzo, Giovanni Fabbrocino è stato destinatario, insieme ad altre undici persone, di un provvedimento cautelare. Le indagini hanno consentito di individuare gli interessi economici del clan e dei suoi affiliati. La vendita del calcestruzzo, è emerso, è stata imposta – tra il 2007 e il 2012 – prima dal capoclan Mario Fabbrocino, attraverso l’impresa “La Fontana” e poi attraverso le due aziende sequestrate oggi, la Gifra e la G.F.
La produzione del calcestruzzo, sottolineano gli inquirenti, risulta essere un ottimo strumento per mascherare le estorsioni, che si sostanziano imponendo alle aziende edili un listino prezzi sensibilmente maggiorato rispetto a quello praticato da imprese analoghe. In sostanza gli imprenditori erano costretti ad acquistare dalla Gifra srl malgrado vi fossero sul mercato aziende che offrivano lo stesso prodotto a prezzi decisamente più vantaggiosi. Con il sequestro della Gifra, e di tutte le imprese riconducibili ad altre persone ritenute legate al clan, si è messo fine – viene evidenziato – al monopolio nella fornitura del calcestruzzo da parte dell’organizzazione camorristica dell’agro vesuviano.
Carabinieri di Ischia (Napoli) stanno eseguendo ordinanze cautelari nei confronti di cinque persone ritenute responsabili, a vario titolo, di più episodi di peculato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, abuso d’ufficio, falsità materiale ed ideologica commessa dal Pubblico Ufficiale in atto pubblico e truffa ai danni del Comune di Barano. L’ordinanza è stata emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura del capoluogo campano al termine di indagini condotte dai Carabinieri di Barano d’Ischia dal novembre 2013 al settembre 2014 e riattualizzate nel giugno 2015. Delle misure cautelari una è in carcere, due sono obbligo di dimora nel comune di residenza e altre due obbligo di presentazione alla polizia Giudiziaria.(091015)