Aveva finto per anni l’esistenza di patologie psichiatriche, e quindi il conseguente grave quadro di deterioramento cognitivo, il tutto convalidato da numerose consulenze e perizie medico legali e psichiatriche Carlo Montella, appartenente con un ruolo apicale al clan camorristico Tempesta, gruppo federato all’organizzazione criminale della Nuova Famiglia imperante nell’Agro nocerino sarnese e detenuto in carcere a Parma, a cui erano riconducibili i beni immobili confiscati sulla base del decreto emesso dalla Sezione Riesame e Misure di Prevenzione del Tribunale di Salerno per oltre 2 milioni di euro. L’escamotage, e quindi il riconoscimento di uno stato di incapacità processuale, ha determinato per anni il rinvio dei numerosi processi ai quali Montella avrebbe dovuto essere sottoposto a partire dalla fine degli anni ’90 per reati gravissimi. Montella era già detenuto nella casa circondariale di Parma per i delitti di omicidio pluriaggravato continuato, associazione di tipo camorristico, usura estorsione ed altro. E’ stata un’articolata ed approfondita attività investigativa nell’ambito della quale i è ricostruito il profilo di pericolosità sociale di Montella e che ha consentito l’individuazione di beni immobili e altre proprietà a lui riconducibili, a portare all’esecuzione del provvedimento da parte della Direzione Investigativa Antimafia – Sezione Operativa di Salerno. C’erano anche un complesso immobiliare, il Parco Concetta, costituito da alcuni appartamenti, garage e aree non edificate ad Angri ed ancora un’altra proprietà immobiliare, Villa Concetta, nel comune di Sant’Egidio del Monte albino, tra i svariati beni immobili, tra quelli oggetto di confisca sulla base del decreto emesso dal Tribunale di Salerno. Intercettazioni telefoniche ed ambientali oltre che immagini tratte da telecamere, è su quanto ha lavorato la Procura della Repubblica di Nocera Inferiore, con indagini che sono proseguite nel periodo della riconosciuta condizione di incapacità processuale di Montella e che hanno consentito di smentire l’esistenza di una patologia invalidante incompatibile con le attività criminali di cui Montella era protagonista. Gli inquirenti sono così riusciti a ricostruire il patrimonio di cui l’uomo disponeva e quindi la sua provenienza illecita desunta dalla pericolosità scoiale e dall’incapacità reddituale. Le indagini patrimoniali svolte dagli investigatori ed analista della DIA, infatti, hanno evidenziato una evidente sproporzione tra il patrimonio e le capacità reddituali di Montella oltre che dei suoi familiari.